Caramelle al posto del resto. Chiamiamolo vintage marketing

Quanto erano buone le caramelle alla frutta, le gelèe o le gomme gusto fragola, con le figurine dei calciatori!
Correvano gli anni ’80 e ’90 quando la signora della cremeria o della salumeria sotto casa ci riempiva le mani di quelle che, allora per noi, erano vere delizie. Non importava avere le 10 lire di resto, chi riceveva quelle caramelle era contento perché soddisfava il momentaneo bisogno di dolcezza o perché le donava al nipote rendendolo felice.

Caramelle al posto del resto chiamiamolo pure vintage marketing
Caramelle al posto del resto: chiamiamolo pure vintage marketing

Il sentimento e la gratitudine spesso rendono vulnerabili  e sapendo dove poter trovare le caramelle che donano la felicità, la cliente con piacere tornava in quel negozio, diventando, molto spesso, quello di fiducia.

Nell’era digitale questa sorta di scambio non ha modo di esistere, i pagamenti con le carte di credito hanno annullato il contatto diretto, umano, il rapporto compro-chiacchiero-pago.

Al massimo ci si confronta con la customer care, con chiacchiere formali, domande o lamentele. Non verrebbe mai in mente di raccontare le proprie storie o fare domande personali.

Le strategie di marketing su prezzi di beni e servizi però non sono affatto cambiati nel tempo.

Sono sempre in voga i prodotti in vendita ad un costo persuasivo, i famosi  9,90 euro che non ci danno affatto l’idea di star spendendo 10,00 euro, eppure, se fossimo nella bottega del paese, tra le mani ci ritroveremmo solo 10 centesimi.
Immaginiamo un negozio on line che vende un paio di scarpe a 99,90 euro e lo stesso paio di scarpe, più le famose e gustose caramelle di cui andavamo ghiotti da bambini, a 99,99 euro. Sicuramente una proposta originale, un po’ bizzarra a prima vista, diremmo.
Per soli 0,09 centesimi in più avremmo qualcosa che probabilmente non compreremmo o che difficilmente troveremmo in città. O forse, semplicemente, pensavamo non esistesse più.

Il venditore fa leva, in modo furbo e strategico, sulla mancanza o sulla difficoltà di reperimento di un bene.

E se il venditore investisse su tutto ciò che crea un legame sensoriale tra il passato e il presente?
Le caramelle potrebbero essere sostituite da un album di figurine, da una penna, una calamita, un vecchio fumetto, un peluche, una sorpresina Kinder. Insomma, tutto ciò che stimola il ricordo dell’acquirente.
Voi quale paio di scarpe comprereste? Che peso avrebbero i 10 centesimi contro l’oggetto estrapolato dal vecchio baule degli anni passati? L’investimento da parte dell’azienda sarebbe elevato, ma immaginate le conversioni che si avrebbero, basando la strategia sulla maggiore possibilità di riuscire a far tornare il cliente, che ha già acquistato almeno una volta, quindi un cliente che già ci conosce e che ha vissuto un’esperienza positiva nel nostro negozio, oltre all’acquisizione di un nuovo target di persone, ampliando il proprio business. Del resto, l’azienda investirebbe su un prodotto o su un brand di successo passato, ricavalcando l’onda, promuovendo e reinterpretando in modo originale secondo la propria vision aziendale e pubblicitaria, ciò che già si conosce, che sicuramente avrà un effetto “wow” il quale genererà un passaparola nel web- social media in particolare- e nel gruppo di pari.
La storia delle caramelle di per sè ha un significato implicito, che richiama l’engagement: lega l’utente al negozio e all’idea che dietro di esso vi sia una persona che ci ha emozionato e ci ha fatto vivere con nostalgia i tempi passati.
Perché, al cliente, il passato piace ricordarlo visivamente e tramite oggetti che abbiano valore emozionale. Pensiamo a tal proposito ad un album fotografico.
Sfruttare l’idea del ricordo è un’azione di grande impatto che alcune aziende stanno sfruttando solo oggi; altre, invece, hanno utilizzato il cosiddetto vintage marketing in propagande e pubblicità già anni fa.
Il vintage marketing ha lo scopo di trasmettere un senso di sicurezza e stimolare il ricordo.
Pensiamo, ad esempio, all’orologio Casio A158, tornato alla ribalta qualche anno fa.

Casio A158 uno dei protagonisti del vintage marketing
Casio A158 uno dei protagonisti del vintage marketing

Come mai oggi lo vediamo al polso di ragazzi, uomini, donne di tutte le età?
Il Casio A158WA è l’icona vintage per eccellenza nel settore dell’orologeria, è un simbolo di riconoscimento e di appartenenza ad un tempo passato, anche se non da tutti vissuto.
Pensiamo al remake di un film, ad esempio Ben Hur del 1959, che verrà riproposto nel febbraio 2016. La strategia attuata è la medesima: prendo un prodotto, lo reinterpreto senza fargli perdere l’anima originale, lo immetto sul mercato e spesso non ho neanche bisogno di investire tanto in pubblicità perché lo si conosce già!

Il successo è dato dal nuovo utente, curioso, e dal vecchio -colui che già conosce il prodotto- nostalgico.

Evocare, stupire, emozionare, riproporre sono i cardini del vintage marketing.
Immaginate di riuscire a catturare l’attenzione di un pubblico semplicemente facendo leva sul sentiment e diventare così, punto di riferimento per il cliente e azienda associata ad un Brand o a un prodotto, nuovo e.. vintage. Due in uno.
Probabilmente negli anni ’80 e ’90 chi dava caramelle al posto del resto, lo faceva per convenienza -strategia di marketing sottesa- ma il risultato, emozione e felicità, già solo dato dal fatto di scartare gomme o caramelle e potervici talvolta trovare una sorpresa -come le figurine, ad esempio- spostava l’attenzione del cliente sul sentimento e non sul pensiero di una possibile fregatura.
Ed oggi, nel web, sarebbe considerata fregatura?
No, se da bambino mangiavi le caramelle.

Roberta De Simone

E-commerce in campo: palla al centro.

Tanti conoscono il web, tanti credono di conoscerlo, tanti credono di saper vendere e di essere grandi esperti di marketing on line.
Mi piace paragonare l’e-commerce ad una partita di calcio, immaginare l’e-commerce in campo.
Se non hai una buona squadra non puoi mettere in atto strategie, se non sei allenato rischi di commettere errori, se non hai un buon pallone rischi di farti male, se non hai un portiere attento, sveglio, lucido, rischi di perdere, ma se non hai buoni giocatori in attacco la palla rischia di non arrivare mai verso la porta avversaria, però se la difesa non è stata rapida sai che potrai contare su un buon portiere.

In una squadra è fondamentale la presenza di un allenatore che sappia guidare la propria squadra, motivarla, supportarla e valorizzare ogni suo componente.

Il compito di un allenatore è preparare i componenti della squadra a gestire la paura, ma anche l’esuberanza, l’ansia e soprattutto la rabbia; insegnare alla propria squadra che l’obiettivo della partita non è solo la vittoria, ma darsi fiducia nei momenti in cui si sbaglia, far capire che se si è commesso un errore la colpa non è del singolo ma di tutti, perché alla base vi sono cooperazione e fiducia.
Avere una palla al centro del campo sarà anche un buon inizio, ma immaginiamo che su quel campo vi siano delle persone che avanzano senza coordinazione ed ognuno attui la propria strategia come se giocasse la sua partita per mettere in mostra le proprie doti.
La squadra avrebbe probabilmente vita breve nel panorama calcistico.
Ma soprattutto, se non hai un pubblico che crede in te, che tifa per te, che ha fiducia in te, allora la tua passione, il tuo desiderio, il tuo coraggio e i tuoi sacrifici, saranno nulli e l’unico risultato sarà una partita come tante altre, che prima o poi nessuno più ricorderà.

E-commerce in campo: palla al centro. Impara a costruire il tuo obiettivo, a condividere successi e insuccessi, motivare la squadra e mantenere vivo l'interesse e la fiducia del tuo pubblico.
E-commerce in campo: palla al centro. Impara a costruire il tuo obiettivo, a condividere successi e insuccessi, motivare la squadra e mantenere vivo l’interesse e la fiducia del tuo pubblico.

Come sarebbe un e-commerce in campo?

Immaginiamo una squadra in cui ognuno abbia il suo ruolo, che conosca bene gli spazi del campo in cui muoversi, che studi insieme ai suoi compagni le strategie da attuare per poter far crescere l’attività on line.
Ognuno sa fare qualcosa, certo, ma un qualcuno da solo va poco lontano.  C’è bisogno della preparazione di tutti, così come un preciso disegno dell’ obiettivo comune: il raggiungimento dello stesso risultato, percorrendo la stessa strada.
Ovviamente ci saranno modi di vedere differenti, come chi in una squadra probabilmente metterebbe in primo piano l’attacco, qualcun altro invece la difesa. Allora lì, inizia la partita, il gioco di squadra.
E se si perde? Se i competitors sono più forti di noi? Non ci arrendiamo, studiamo i nostri avversari e cerchiamo di migliorare le nostre tecniche di gioco, di vendita.
Motivare i componenti del team è un compito da cui non si può prescindere, perché vi potranno essere spesso momenti di decollo o di forzato atterraggio ed è proprio in quell’istante che non si dovrà mollare.
Per chi dobbiamo farlo? Ovviamente per il nostro pubblico, per chi abbiamo, nel tempo, fidelizzato, per chi si aspetta qualcosa da noi perché crede nel nostro business, nelle nostre idee e ci segue con passione; ma anche per noi stessi, per quanto abbiamo investito nel progetto.

Vendere ottenendo risultati nel lungo periodo è l’obiettivo di un e-commerce e per poterlo raggiungere devi allenarti tutti i giorni, consapevole che sei nel mercato della concorrenza, in cui nessuno rema contro di te, ognuno ha il suo spazio e cerca di difenderlo.

Come una palla al centro del campo, è lì e devi difenderla, ma mai da solo, altrimenti rischieresti di perderla. Arriverà il momento in cui potrai osare e il momento in cui vi sarà la necessità di passarla.
Perdere di vista il tuo obiettivo, focalizzando l’attenzione su te stesso o troppo sui tuoi avversari ti farà perdere non solo la partita ma anche la posizione, la reputazione e i tuoi sforzi saranno stati vani.

Esultare insieme delle vittorie e condividere successi e insuccessi è il più grande goal che si possa fare in una squadra e in un e-commerce.

Roberta De Simone

Uomini e donne, diversi anche on line.

Perché acquistiamo on line e soprattutto, qual è il nostro atteggiamento durante la fase di scelta e acquisto?
Uomini e donne, diversi anche on line.
L’uomo ha sempre un atteggiamento più razionale e proprio per questo motivo quando entra in un negozio on line sa già cosa acquistare e perché. Infatti egli è motivato dal bisogno di ottenere il prodotto, perché irreperibile altrove o perché on line ha cercato tutte le informazioni di cui necessitava e finalmente ha trovato il negozio giusto in cui procedere all’acquisto.

Il suo tempo di acquisto è solitamente molto breve: entro, compro, esco. Se reputo efficiente il negozio, forse ci torno.

La donna, invece, ha un approccio molto più emotivo negli acquisti on line.

Il suo obiettivo è acquistare al miglior prezzo possibile, trovare informazioni soddisfacenti e avere un contatto diretto la rende più sicura. Ha bisogno di approfondire la sua ricerca, proprio per questo motivo, il più delle volte essa diventa molto lunga e complessa perché difficilmente rimane soddisfatta.

Il tempo di acquisto è più lungo, controlla in maniera più approfondita tutti i dettagli di spedizione e ricezione della merce, così come i dettagli del prodotto scelto. Soprattutto, ama risparmiare, andare alla ricerca di deals e coupons.

Cosa influenza la scelta di uno shop on line?

L’uomo si affida molto ai forum, alle riviste di settore, alle video-recensioni; la donna invece, ama confrontarsi con amici e parenti e si lascia influenzare maggiormente dalle opinioni del gruppo e dagli addetti alla vendita o customer care. I social media contano molto nella scelta di entrambi, ma le donne, utilizzando alcuni canali in particolare, ad esempio instagram e blog specifici, fanno molto affidamento su opinioni e recensioni.
Importante per un e-commerce è riuscire a captare le motivazioni del singolo consumatore, studiarne il comportamento, capire da quale dispositivo acquista, in quali orari, quale prodotto lo ha portato nel nostro negozio e come ci è arrivato.

Importante è anche capire se si è trattato di un  impulse buyer e se è più tornato nel nostro negozio.

Riconoscere un impulse buyer non è difficile, basta seguire il suo percorso fatto all’interno del nostro shop on line. Se non ha digitato alcuna parola, nel campo di ricerca, inerente il prodotto acquistato o non lo ha cercato nel menù di navigazione, vuol dire che è stato attratto da qualche particolare del prodotto o da una pubblicità che gli è comparsa sott’occhio.
L’acquisto di impulso è più facilmente gestibile in un negozio fisico, ovviamente, ma non è detto che questo non si possa fare allo stesso modo in un sito web.

Ricordate la “Cross Selling”? Ebbene, quella è un’ottima strategia di marketing on line.

Uomini e donne, diversi anche on line. Studia il comportamento in fase di acquisto e lavora su strategie da attuare. Una valida strategia di marketing è la Cross Selling.
Uomini e donne, diversi anche on line.
Studia il comportamento in fase di acquisto e lavora su strategie da attuare. Una valida strategia di marketing è la Cross Selling.

Basta far apparire un prodotto complementare a quello inserito nel carrello. Ad esempio, se è stato acquistato un mascara, possiamo mostrare un pettinino per le ciglia con una frase del tipo “Pettina le tue ciglia prima di passare il mascara, esse appariranno più lunghe, più ordinate e il tuo sguardo più profondo e sensuale”.
Ugual cosa si potrebbe fare se si stanno acquistando degli auricolari per il proprio telefono o lettore musicale, proponendo uno sdoppiatore audio mettendo in risalto la comodità di utilizzare una solo console o lettore musicale comodamente in due, anche se il proprio compagno ne è sprovvisto.
Vendere non è facile, perché la concorrenza è spietata, ma l’ingegno, la cura per i dettagli e per le esigenze dei nostri clienti sono un valido sostegno alla nostra passione per l’on line business.

Studiare le strategie per la buona riuscita dell’azienda è il nostro compito quotidiano.

Roberta De Simone

Customer care, apri l’ombrello.

Non basta avere una buona selezione di prodotti, un ottimo prezzo, fare tanta pubblicità ed essere presenti su tutti i social media esistenti.
Ciò che non devi assolutamente sottovalutare nella tua azienda è la customer care.
La Customer care, o anche detta assistenza clienti, è parte integrante, sotto tutti gli aspetti, della tua azienda. E’ un servizio strettamente correlato alla strategia, al marketing, al servizio pre e post vendite, ma utile anche in tutto il processo di vendita in cui vi può essere la fase “help”.

Il cliente, molto spesso, ha bisogno di sentire la presenza di una persona che gli faccia capire che della nostra azienda si può fidare, che siamo presenti e preparati sull’argomento, ma soprattutto che sappiamo risolvere i suoi problemi, facilmente e velocemente.

Se vendiamo camicie, dobbiamo sapere indirizzare il nostro cliente alla scelta del giusto collo, dei bottoni, in base anche all’utilizzo che deve farne.
La customer care è il servizio quasi più importante di tutti gli altri, in quanto se si ha bisogno di un’informazione che riguardi le spese di spedizione -specie per ordini di più prodotti insieme-, i metodi di pagamento disponibili, i tempi di consegna e il vettore utilizzato, le taglie, i colori, le misure, nel 90% dei casi il cliente cercherà una risposta in uno di questi contatti: telefono, e-mail, chat, attraverso i canali social.
In questa situazione sicuramente aiuta una pagina in cui si elencano le domande e le risposte più gettonate da parte dei nostri clienti, così da incanalare un primo traffico di utenti in quella direzione. Solo in un secondo momento, in caso di maggiori dettagli o per maggiore senso di sicurezza nel trovare un operatore, l’utente potrà essere indotto a cercare soluzioni quali appunto i contatti diretti.
Molto spesso questa soluzione è quella considerata più rapida e che toglie più dubbi in caso di tante domande o richieste.
Ma come dicevamo prima, è importante che vi siano contatti diretti specie perché l’utente ha ancora tante remore nei confronti degli acquisti on line, ha ancora timore di lasciare i dati della sua carta di credito, l’indirizzo o anche il numero di telefono.
Inoltre, si ha sempre un enorme bisogno di sentirsi sicuri e coccolati. Sapere che qualcuno si sta prendendo cura di noi, ci sta aiutando ed informando correttamente su ciò che stiamo per fare, mette in una situazione di minore ansia e ci si lascia andare più facilmente.
Cosa è di maggiore aiuto nel finalizzare un acquisto? Empatia, cordialità, certezze.
La customer care è l’ombrello che ripara dalla pioggia, il servizio a portata di mano, c’è e lo si deve vedere e sentire.
Immaginiamo di entrare in un negozio fisico e di volere aiuto da un addetto alle vendite. Se questi ci saluta a malapena, se ci aiuta svogliatamente nella fase di acquisto -qualora lo avessimo richiesto- se non ci sentiamo a nostro agio in quel negozio e se consideriamo la persona che abbiamo di fronte poco professionale, affabile, probabilmente la volta successiva ci penseremo due volte prima di entrarvi.
Prendiamo esempio dalle nostre esperienze in strada e riportiamole nel nostro e-commerce.
Sentirsi compresi ed aiutati, se si hanno difficoltà a completare un acquisto o semplicemente si cerca un consiglio da una persona esperta, trasmette un senso di fiducia non solo nella persona che ci sta aiutando, ma anche nell’azienda.

Ricordiamo una cosa molto importante a questo proposito: l’azienda è costituita da persone e il lato umano è l’unico lato che deve essere visibile e che può collegare l’utente al nostro negozio.

Customer care, apri l'ombrello
Customer care, apri l’ombrello

Esserci è fondamentale, come customer care e come persone appartenenti ad un team, in quanto il singolo, da solo farebbe il proprio lavoro, ma un team composto da tanti singoli, fa molto meglio il suo lavoro.

Roberta De Simone

My name is Ello. Adesso tocca a me!

Alzi la mano chi ancora non ha sentito parlare di Ello o chi è ancora non vi si è iscritto.
Negli ultimi mesi è l’argomento principale in rete e non solo.
Per chi ancora non lo conoscesse, ecco una breve presentazione per capire come mai stia avendo tanto successo e soprattutto perché sia definito l’anti Facebook.

Ello è un social network, privo di pubblicità, in cui regna la privacy, la libertà, in quanto non si è costretti a registrarsi con nome e cognome reali.
Il motto di Ello è:  “tu non sei un prodotto”.

Ello, infatti, accusa Facebook di ingannare le persone utilizzando i loro dati e mostrando una marea di pubblicità che quasi va a coprire le notizie importanti dei contatti.
Sicuramente vi sarà capitato di aver fatto una ricerca sul motore di ricerca Google e aver poi visto il prodotto ricercato apparire in una pubblicità su Facebook. Si è sempre saputo che il potere di questo social media sia la persuasione, a volte forse in maniera poco etica, ma tra le tante lamentele le persone continuano a frequentarlo e di questa persuasione ne fanno tanto uso, traendone vantaggi sia a livello personale sia professionale.
Facebook è stato capace di estendere il suo ascendente su giovani e meno giovani, è diventato una sorta di seconda carta d’identità. Molti ne parlano male, lo discriminano, lo reputano ingannevole, eppure anche se solo per spiare i compagni, lontani da quella piazza proprio non si riesce a stare.
E se tutto questo finisse? Quanto è possibile realmente rimpiazzare il famoso social media che ci da visibilità, che ci consente di esprimerci in maniera più libera come se per qualche istante fossimo soli in una stanza, pur consapevoli della presenza di centinaia e centinaia di persone lì pronte a leggerci? O forse è proprio questo che vogliamo, che ci piace?
Amiamo essere al centro dell’attenzione ma poi ci adiriamo se qualcuno “si permette” di contraddirci, restiamo male se non riceviamo abbastanza mi piace ad un post o ad un selfie.

Viviamo in una comunità virtuale in cui la contraddizione la fa da padrona.
Insomma, vogliamo di nuovo essere liberi? Se la risposta è si abbiamo bisogno solo di un invito – attualmente è l’unico modo disponibile per potersi iscrivere, ma basta richiederlo sul sito stesso o ad un iscritto – e di creare una nuova identità. Ello vi sorride e vi porge la mano.

La persuasione di Ello in un sorriso black and white.
La persuasione di Ello in un sorriso black and white.

L’idea fondante dei due social media non può essere contrapposta, così come le funzioni e le aspettative. Sono due modi diversi di concepire le relazioni sociali, le attività di svago e lavorative.

Facebook permette di ritrovare vecchie amicizie e di farne di nuove, collega aziende, fans, permette la condivisione di contenuti, che siano essi di notizie più o meno importanti.
Ello regala una nuova identità, ma permette ugualmente di collegarsi a persone di cui si conosce il nickname o fare una ricerca casuale. Si presenta con un aspetto minimal, il classico black and white, scelto per “porre l’accento sui contenuti di qualità e facilitare la connessione con le persone che davvero ci interessano”.
Dà l’idea di essere in un role playing game, per alcuni versi.

Il focus di Ello è l’empowerment.
Ello si proclama freemium con la futura possibilità, quindi, di implementare funzioni ma a pagamento. Insomma, prendere il posto di Facebook è il suo obiettivo, ma ormai siamo abituati a rendere pubblica la nostra identità e così spesso non ci rendiamo conto di quanto effettivamente i nostri dati personali, i nostri gusti e le nostre attività sul web vengano memorizzate ed utilizzate ai fini di ricerche di marketing e pubblicità, è diventato tutto normale. Tutto ciò, involontariamente, ci allontana sempre più dall’utilizzo di una piattaforma “pulita”.
Ello dovrebbe offrire qualcosa di veramente speciale, qualcosa di innovativo, originale. Nonostante le migliaia di iscritti all’ora, Facebook resta la quotidianità, Ello il passatempo.

Metti alla prova Ello. Contattami per ricevere un invito.

De Simone Roberta

Storytelling e storyselling. Vendi raccontando.

Cosa è lo storytelling? E perché ne sentiamo parlare così tanto nell’ultimo periodo?
In realtà non è niente di così innovativo, esiste da sempre, abbiamo solo imparato ad inglobarlo nella nostra attività personale e aziendale per dare valore aggiunto e avvicinare maggiormente chi ci segue o vogliamo che ci segua, per incentivare le vendite e per stabilire un legame solido, che duri nel tempo e che porti risultati.
Lo scopo dello storytelling è comunicare, coinvolgere, suscitare emozioni, creare legami, generare empatia, trasmettere l’idea che chi legge, guarda, ascolta, sia uno di noi. Tutto ciò raccontando di noi, della nostra attività, chi siamo, cosa facciamo, con chi e perché.
L’importanza della narrazione nel marketing, nelle aziende, nell’e-commerce, è data dall’esistenza di una storia, di un prodotto, ad esempio, che crei appartenenza. Pensiamo alla Apple e al messaggio che Steve Jobs ha voluto trasmettere con una mela morsicata, con un device dal design semplice, minimal. Questo video è davvero interessante.

Per creare uno storytelling bisogna elaborare un’idea di partenza e stimolare la propria creatività, generare qualcosa di veramente entusiasmante, che lasci il segno.
Scrivere la tua storia vuol dire raccontare le tue emozioni. E’ questo l’unico modo per arrivare al cuore della gente e farsi ricordare. Devi riuscire ad esserci e restare, non essere di passaggio. Ciò è possibile solo se racconti qualcosa che le persone sentono come propria. La tua esperienza e la tua realtà devono diventare anche le loro. L’esperienza del racconto apre le porte all’esperienza delle vendite.

Raccontare storie è sempre stato parte di noi: lo abbiamo fatto per far addormentare figli e fratelli minori, per spiegare una vicenda, nei temi a scuola, ai colloqui di lavoro, quando ci presentiamo agli amici ed iniziamo a parlare di noi. Proponiamo i nostri pregi e difetti e mettiamo in mostra una peculiarità che pensiamo posa destare interesse e attenzione nell’altro; facciamo vivere felici e contenti cappuccetto rosso e il principe azzurro; esaltiamo o meno la nostra famiglia e mettiamo in discussione l’amore dei genitori durante la fase dell’adolescenza; evidenziamo le nostre passioni e le nostre propensioni; confidiamo i nostri desideri e le nostre aspettative; mostriamo la nostra solarità e cordialità e/o la nostra diffidenza e paura nelle relazioni interpersonali.
Perché ci viene così naturale raccontare? E che reazione vogliamo suscitare nell’altro?
La televisione è uno dei mezzi di comunicazione, per antonomasia, capace di modificare le idee di chi riceve il messaggio, ha il grande potere persuasivo di portare dalla sua parte le persone. Come lo fa? Sicuramente con la propaganda. I messaggi pubblicitari nascono, come ben sappiamo, per promuovere un servizio o un prodotto ma di certo l’obiettivo di chi promuove è far si che l’utente acquisti o usufruisca di quel bene/servizio pubblicizzato.
C’è chi punta sui suoni o sulle musiche che ricordano eventi speciali e ricorrenze, evitando i dialoghi perché crede sia più emozionante lo scorrere di immagini evocative con sottofondo musicale;  c’è chi crea una storia con diversi personaggi con l’intento di far sorridere, ad esempio, aumentando la partecipazione, l’ascolto, l’immedesimazione; c’è chi gioca sul fattore sentimentale, sul patriottismo, l’italianità, l’appartenenza ad un gruppo o ad un evento storico; chi cerca di entrare nelle case e  nei cuori delle persone raccontando storie che rappresentino la quotidianità, che richiamino le azioni e i comportamenti della gente comune.
Insomma, la pubblicità è uno storyteller e la sua mission è rendere partecipe chi la segue. Con i suoi modi convenzionali e non, riesce ad entrare nelle nostre teste e spesso ci resta per anni. Le morbide Fruit Joy, le liquirizie alla menta Tabù,  la bella Charlize Theron che resta quasi nuda, ciribiribì kodak, l’uomo del monte ha detto si, la vita è dura prendila morbida, mi ami ma quanto mi ami?, i due ballerini del numero 892, famenthal-terrazzenthal-mammenthal-simmenthal, devo fare la pupù e vado a farla da Paolo, etc. Questi spot pubblicitari sono riusciti a lasciare un segno indelebile, sono l’icona degli anni 80-90, anche se alcuni ci fanno solo sorridere, comunque hanno attirato la nostra attenzione. Ognuno sceglie la propria arma. L’importante è creare valore.
E’ questa la bravura di chi racconta, di chi fa pubblicità, di chi inventa.
Vediamo nello specifico esempi di storyteller di aziende.
Il biscottificio D’Onofrio presenta i biscotti Doemi “semplici sapori di casa nostra”.
Lo spot pubblicitario della Barilla è stato creato per rappresentare la storia della multinazionale, lunga 132 anni, trasmettendo il valore della famiglia e della passione con cui svolge il proprio lavoro, ponendo l’attenzione sulla frase “Diamo alla gente quello che daremmo ai nostri figli”.
Sono stati capaci di creare familiarità, trasmettere sicurezza, amplificare i valori della tradizione e della famiglia.
Sammontana ha raccontato “la storia di un sorriso” con un simpatico e genuino cortometraggio, richiamando l’attenzione sul gelato all’italiana. L’immagine icona di Sammontana è infatti una sfera con un sorriso.
Associazione= ricordo= condivisione.
Le linee guida per creare uno storytelling di successo sono:
– chiarezza, semplicità, realtà, verità
– contenuti efficaci, narrativi, culturali
– trasmissione di identità e valori
– comunicazione, creazione di un’immaginario, di un’identità e di valori condivisi
– emozione, far riconoscere  e riconoscersi.
Fare storytelling vuol dire promuovere i prodotti e i servizi della tua azienda in modo accattivante, trasformando in maniera originale un qualcosa di semplice.
Narrare  vuol dire, in questo campo, veicolare il messaggio dall’azienda all’utente, trasmettere  la vision aziendale, montando le scene della storia facendo sentire l’ascoltatore della storia parte di essa.
Il marketing necessita di narrazione. I prodotti e i brands diventano storia, prendono vita.
Sono tanti gli utenti che cliccano sulla voce “chi siamo”, “about me”, etc.
Fà trovare contenuti originali e interessanti: puoi creare un video del dietro le quinte della tua azienda, o di come si lavora e di chi ci lavora, qual è il concept, perché la tua azienda produce o vende un determinato prodotto e quali sono i tuoi obiettivi. Guarda lo storytelling di Zalando e prendi spunto.
Insomma, impara a raccontare: passa da protagonista a narratore.

De Simone Roberta

Captologia: analizziamo la persuasione nelle tecnologie informatiche.

“La moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suon di pubblicità, non avrebbe nulla in contrario a farsi mangiare dal lupo”.
Il sociologo Marshall McLuhan, pioniere nella mediazione tecnologica, utilizza questa metafora per indicare quanto abbia influenza sull’uomo un mezzo di comunicazione di massa.
La Captologia si riferisce al ruolo tra tecnologia e persuasione; analizza la modifica dei comportamenti e degli atteggiamenti risultanti da un’intenzionalità endogena insita in un determinato software, programma, prodotto.
Ogni giorno siamo prede della persuasione. Pensateci.
Spot pubblicitari, riviste, radio, tv, canzoni, siti web, parole, immagini ci bombardano e ci inducono a fare qualcosa. Quello che vogliono loro.
La rete, essendo ricca di siti web, risulta essere la più comune forma persuasiva. Ma qual è il potere della rete? Come è possibile che l’uomo si lasci influenzare così tanto? La risposta è semplice: l’interattività.
Una pagina web, ad esempio, che contiene collegamenti ipertestuali, video, immagini, è in grado di creare una forte sinergia tra l’utente e il computer.
Ci sono vari prodotti informatici in grado di mettere in luce gli elementi persuasivi dell’esperienza dell’utente.
Un esempio molto vicino a coloro che vendono on line è sicuramente Ebay Feedback Form, il sistema utilizzato dal sito ebay.it per motivare gli utenti a comportarsi correttamente nelle operazioni di acquisto e vendita on line. Accanto al nickname dell’utente compare un numero corrispondente al riscontro acquisito durante le sue operazioni e, nei dettagli, una serie di stelle giallo oro riflette il comportamento del venditore, in merito ad alcuni dettagli inerenti la tempistica, l’oggetto venduto, i costi e la comunicazione con l’acquirente.

La nascita del Web 2.0 e la sua diffusione tramite dispositivi tecnologicamente avanzati ha ampliato le possibilità, da parte dell’individuo, di costruire legami ed interazioni virtuali, ciò in particolar modo attraverso i social network.

In passato solo governi e aziende con grandi capitali controllavano i mass media, oggi invece, il potere della persuasione è alla portata di molti. Ciò ovviamente è attribuibile alla diffusione dei social network/media.
Immaginiamo Facebook.
Facebook riesce a modificare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone su una scala di massa.
I “mi piace” e le pubblicità nella nostra home page ne sono la prova. Quanti più mi piace e condivisioni avrà una pagina più questa riuscirà ad attirare maggiormente l’attenzione e spingerà a cliccare sul classico bottone blu.

La persuasione in Facebook. Più like avrà una pagina più è probabile che ne acquisisca.
La persuasione in Facebook.
Più like avrà una pagina più è probabile che ne acquisisca.

La forza del social network risiede nel fatto che le informazioni derivano da account di persone reali, che conosciamo e spesso stimiamo o di cui ci fidiamo. Ciò fa si che vengano considerate molto più di altre, quelle derivanti ad esempio, da fonti incerte e con meno credibilità.
Facebook costituisce una vera e propria evoluzione dei mass- media che hanno costituito i principali canali di persuasione nel secolo scorso. Ogni giorno riesce a fare iscrivere un numero elevato di persone e gli iscritti che invitano gli amici, creano un movimento di massa facilitato dalla tecnologia.
La credibilità è il presupposto della persuasione, bisogna lavorare molto su essa altrimenti tutto il nostro lavoro andrà perso poco dopo.
La credibilità on line è importante sia per l’utente che si trova a navigare in internet sia per i progettisti del web. Un sito web risulta più credibile se fornisce l’indirizzo fisico dell’organizzazione con relativo contatto e se contiene materiale e link a fonti e riferimenti sicuri ed esterni ad esso. La credibilità stimata del sito aumenta se esso è presente tra i link su un sito altamente affidabile, prestigioso o raccomandato da una persona di cui ci fidiamo. Non sempre però l’utente ha a che fare con un sito dai contenuti credibili, basti pensare alle fastidiose finestre pop up che si aprono automaticamente.
Come nell’interazione con altri individui, anche nel rapporto con il web, la prima impressione è quella che conta e acquista importanza sulla credibilità. Dunque a catturare la nostra attenzione sarà il piacevole aspetto grafico. Possono influire anche cambiamenti alla pagina stessa rispetto all’ultima visita o l’assenza di un’iscrizione obbligata, specie se a pagamento. E’ come se l’utente sfogliasse le pagine di una rivista e, catturato da un’immagine o da un titolo dai colori e caratteri vivaci o originali, si soffermasse a leggere, a scorrere il testo. L’obiettivo di ogni sito web è far si che l’utente ritorni sul sito appena visualizzato, che ne parli in maniera positiva, che si iscriva al blog, se presente, che contribuisca insomma alla crescita e alla notorietà dei suoi materiali. Per fare ciò, il sito cerca di guadagnare credibilità offrendo qualità e rapidità nei servizi, ad esempio rispondendo subito alle e-mail e garantendo contenuti affidabili, ma soprattutto personalizzati.
Le persone quindi trascorreranno più tempo in quei siti che hanno guadagnato un certo grado di credibilità che, solitamente, permane. Infatti, quando un sito web viene progettato con attenzione sia nelle immagini, sia nei contenuti, sia nelle fonti, sia nelle pubblicità e riesce a spingere l’utente ad utilizzare almeno in parte i servizi offerti, ha elevate probabilità di cambiare atteggiamenti e comportamenti dell’utente.

Il web è dei frettolosi, in un certo senso. Per far si che il tuo sito web non venga scartato, chiuso, dopo i primi 3-4 secondi, bisogna offrire contenuti di qualità, titoli interessanti ed evitare continue pubblicità che non fanno altro che interrompere la visita dell’utente.

Bisogna scrivere in maniera semplice, focalizzare l’attenzione sempre sui contenuti rilevanti, cioè quelli che rispecchiano il motivo della ricerca di chi vi è entrato. Insomma, evitiamo gli specchietti per le allodole. Il fatto che abbiano potuto condurre un utente nel tuo sito web non vuol dire che egli vi rimarrà, che comprerà, che ritornerà, soprattutto. Il nostro obiettivo è creare una relazione e cercare di mantenerla il più a lungo possibile, non deludendo le aspettative del visitatore. Dobbiamo far parlare di noi. Il passaparola è importante, che sia tramite un tasto di condivisione su un social network, o che avvenga come tradizionale trasmissione di un messaggio orale tra persone.
Bisogna soddisfare con i contenuti e persuadere con il modo di scrivere.

Make it simple and small. L’importante è che sia semplice.

Roberta De Simone

Dal Social Network al Social Media: conosci il tuo alleato?

Uno degli aspetti fondamentali della crescita del proprio business, on line e off line, è sicuramente il vecchio social network, il quale ha subìto negli anni un cambiamento importante che lo ha visto crescere e trasformarsi in social media. Una sorta di ribaltamento del modo di vivere i rapporti sociali.

I social network sono nati con l’obiettivo di creare cerchie di persone con interessi in comune, riavvicinarle abbattendo le distanze, fisiche e culturali.

L’esempio che subito ci viene in mente quando pensiamo al social network è certamente Facebook, il quale nel 2004 ha marcato, quasi imposto, la sua presenza sul nostro territorio e ci è riuscito veramente bene. Siamo entrati così in relazione con gli altri e ci siamo svestiti delle nostre paure, ansie, gioie, mettendo i nostri sentimenti in vetrina e cercando negli altri conforto, compassione, piuttosto che ammirazione.

Ma cosa è cambiato dal 2004 ad oggi? Perché Facebook, così come tanti altri social network, ha visto cambiare il suo status?
Sono stati capaci di integrarsi nella nostra vita infiltrandosi nelle nostre reti sociali, nelle relazioni interpersonali, tanto da diventare una piattaforma in cui creare e condividere contenuti, non più meramente personali.

Che si tratti di una start-up, di una B2B o di una B2C, ogni azienda oggi ha colto l’importanza di essere presente sui social media. Scambiare idee, valori, progetti, contenuti, fare pubblicità e immedesimarsi nell’altro. E’ questa la potenza di un social media che dà valore aggiunto alla propria attività.
Ma è davvero tutto così semplice? Basta davvero condividere contenuti con qualche immagine accattivante, qualche link e delle informazioni sulla propria attività per vedere accrescere il proprio fatturato?
Facciamo un passo indietro.
Eravamo negli anni ’60 quando il Sociologo Marshall Mc Luhan nel suo libro “Understanding Media” orientò il suo lavoro proprio sulla comprensione dei media.

I media sono estensioni di noi stessi. Consentono di ridurre le distanze e aumentare l’intensità. Ogni invenzione o tecnologia è un’estensione del nostro corpo“.

I social media si collocano proprio come estensioni di noi stessi.
Essere sotto i riflettori è ormai diventato parte integrante della quotidianità.
Instagram permette la condivisione di fotografie e video. L’uso dei cosiddetti #hastag facilita il raggiungimento e la visibilità. Si può creare una pagina sia personale sia aziendale, promuovendo dunque i propri prodotti. Così facendo non solo si monitorano i propri seguaci, ma se ne riescono a comprendere i gusti e gli interessi così da poter incanalare le pubblicità verso quel fronte.
Twitter è nato come servizio per dare aggiornamenti sul proprio stato, ma è diventato molto di più non appena gli utenti hanno capito il potere delle condivisione. Un tweet è un messaggio postato su Twitter, lungo massimo 140 caratteri. Il limite deriva dalla sua natura di sms, il quale ha un massimo di 160 caratteri, ma Twitter ha deciso di lasciarne 20 per il nome dell’utente. L’importanza di Twitter e la sua proliferazione è data dalla possibilità di inserire dei links e seguire persone senza chiederne l’autorizzazione.
Facebook è sicuramente il social network-media più noto. Le persone si creano un profilo, le aziende si creano una pagina. Inizialmente, quando ancora non era chiaro il potere di questo strumento, in pochi ne sfruttavano la visibilità fuori dall’ambito personale. Nel momento in cui si è aperta la strada alla condivisione di contenuti  e pagine, con l’intento di vendere e vendersi, Facebook si è fatto furbo e ha limitato la possibilità, gratuita, di mettere in mostra quello che per venditori, professionisti e aziende stava diventando una fonte di guadagno e un canale pubblicitario. Nonostante questo limite Facebook riesce ugualmente a mantenere il suo status quo, rimanendo dunque una delle piattaforme più utilizzate in cui incanalare le proprie risorse economiche e fare business.
Google + è una rete sociale creata da Google in cui gli utenti fanno parte di cerchie e seguono persone o aziende entrandovi in contatto. L’apprezzamento dei contenuti avviene tramite un +1. Inoltre, vi sono gli “hangouts” -luoghi di ritrovo- tramite cui tenere videoconferenze, videochiamate, condividere foto, video, documenti e partecipare alle discussioni. Ovviamente ha forte impatto sull’indicizzazione nel motore di ricerca padre.
Pinterest è uno strumento di scoperta visuale in cui pubblicare e ricercare bacheche per gestire la raccolta di immagini in base agli interessi. Pinterest è integrato e integrabile con altri social media, quali Facebook, Twitter e siti web.
Linkedin è una rete sociale impiegata soprattutto a scopo professionale. E’ ormai definita dai più come il Facebook in giacca e cravatta. Si potrebbe quasi dire che sta soppiantando il vecchio cv cartaceo; ma questo social sta spopolando molto anche tra le aziende, le quali inseriscono contatti, valori, progetti, creando collegamenti in tutta la rete, così da espandere la loro popolarità e restare sempre in primo piano. Una novità interessante, inserita non molti mesi fa, è la possibilità di pubblicare post, dal proprio blog o semplicemente come stati personali.

Lavorare sui social perchè i social piacciono, sono seguiti e sono l'ancora del nostro business.
Lavorare sui social perchè i social piacciono, sono seguiti e sono l’àncora del nostro business.

Dunque, come possono tutti questi social media interagire appieno con la propria attività? Come possono realmente accrescere la notorietà del proprio brand e portare all’aumento delle vendite?

Cross Media, Engagement e Value Content. Tre termini da non sottovalutare. Lavorando su essi riusciremo a costruire fiducia, credibilità e fidelizzazione.

Mettiamo in connessione l’uno con l’altro i mezzi di comunicazione, coinvolgiamo il pubblico creando legami tra brand e fans, trasmettendo sempre contenuti di valore. Così facendo si stimolano discussioni, confronti, conversazioni che aumentano, oltre al coinvolgimento, il passaparola.

Un’estensione questa dei media, non solo del nostro corpo, ma anche di atteggiamenti, comportamenti, culture, usi e costumi.
L’e-commerce ha bisogno di crossmedialità-multicanalità racchiusa in tutti i canali a disposizione che siano essi social media, mezzi di comunicazione tradizionale, cartacea e orale.
Nella praticità quindi, questi strumenti non sono solo apparentemente preziosi, in quanto si rivelano dei validi alleati delle vendite on line e della diffusione del proprio brand. Ancor di più se si ha un negozio fisico esso puó ricevere una spinta dalla geo localizzazione degli utenti e degli amministratori, dipendenti, addetti al marketing che utilizzano applicazioni che integrano la possibilità di inviare contenuti, non solo sulla base degli interessi dell’utente ma anche sulla base del suo profilo personale. Un esempio lampante è we-chat, il sistema di messaggistica istantaneo che ha varie funzioni integrate tra cui social network, sharing, scannering e raggiungimento delle persone nel raggio di 10 km rispetto alla localizzazione attuale.
Tanti mezzi per un unico obiettivo: conquistare il cliente e convincerlo a comprare. Tutto passa attraverso strategie di comunicazione, tecniche innovative- perché tutto cambia ad una velocità sorprendente, che sia Google inteso come motore di ricerca, o i social media tutti- elaborando processi creativi in grado di stimolare l’interesse di chi si approccia ai nostri contenuti.

Ma questo lo vedremo in modo più approfondito nel prossimo articolo.

De Simone Roberta